La Massoneria in Italia

La Massoneria in Italia

Le origini

In Italia la Massoneria cominciò a diffondersi in coincidenza con tre eventi fondamentali. In primo luogo, dopo secoli di stabilità, vi furono cambiamenti politici profondi. Al dominio della Spagna, che controllava direttamente o indirettamente quasi tutta l’Italia, nel 1713-1714, cioè dopo la guerra di successione sul trono di Spagna, subentrò l’impero d’Austria, che ottenne Milano e l’Italia meridionale. Nel 1738, dopo la guerra di successione sul trono di Polonia, l’Austria venne sostituita nel Regno di Napoli e di Sicilia dai Borbone di Spagna, cioè la stessa dinastia che sedeva sul trono di Francia. Il cambio venne bilanciato con l’assegnazione della Toscana all’imperatore d’Austria, Francesco Stefano di Lorena, massone, marito dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, iniziato alla massoneria.
La seconda trasformazione riguardò la vita culturale. Essa ebbe i suoi centri vitali a Napoli, dal 1734 capitale di un regno autonomo con Carlo III di Borbone, un sovrano riformatore, e a Milano, entrata nell’Impero d’Austria.
Il terzo cambiamento si intrecciò con la fine delle guerre di religione e la diffusione e accettazione della cultura dei Lumi. 
Inizialmente le logge furono strumento di penetrazione in Italia degli inglesi, i quali temevano che il Mediterraneo divenisse un lago dominato dai Borbone, il cui potere andava dalla Spagna all’Adriatico. Gli inglesi mirarono a creare una opinione favorevole nei circoli colti, puntando specialmente sugli studi di antiquaria, arte, storia. In secondo tempo fu la massoneria francese a diffondersi in Italia, dal regno di Sardegna, che era lo stato militarmente più forte della penisola, al ducato di Parma (passato ai Borbone) e altri centri.

Gli inizi
In Italia la prima Loggia fu fondata a Firenze nel 1731: intorno al nucleo iniziale, costituito da inglesi, si aggiunsero gradualmente numerosi nobili ed intellettuali fiorentini. Su questa Loggia si esercitarono gli effetti persecutori della bolla pontificia "In eminenti", pubblicata il 28 aprile 1738, che inaugurava una lunga serie di scomuniche e di condanne. Sempre nel granducato di Toscana, a Livorno, nacquero addirittura quattro Logge: due negli anni 1763 e 1765 (ottennero una patente di fondazione dalla Gran Loggia d'Inghilterra degli Antients) ed altre due nel 1771 (con patente rilasciata dalla Gran Loggia d'Inghilterra dei Moderns). 
Il fenomeno Massonico arrivò poi a Roma, con alterne vicende: nel 1735 alcuni gentiluomini inglesi diedero vita ad una Loggia "giacobita", rimasta attiva fino al 1737, quando si sciolse per ordine del governo pontificio. Ma, rispettivamente nel 1776 e nel 1787, vi vennero fondate due Logge, entrambe di rito "scozzese". Il 27 maggio 1789 il conte di Cagliostro tentò di organizzare una Loggia basata sul proprio "sistema egiziano", ma venne arrestato, e processato dal Sant'Uffizio, che nell'aprile 1791 lo condannò a morte come "eretico formale, mago e libero muratore", pena commutata poi nel carcere perpetuo. 
Nel 1749 a Chambery (Savoia, parte integrante del Regno di Sardegna) fu fondata una Loggia sulla base di una patente di Gran Maestro provinciale per la Savoia ed il Piemonte rilasciata dalla Gran Loggia di Londra nel 1739 al marchese François Noyel de Bellegarde: nel 1752 la stessa Loggia assunse il nome di Gran Loggia Madre, con facoltà di creare altre Logge in tutti i territori del regno di Sardegna; e, di fatto, nel 1765 ne vennero create tre, tra cui una a Torino. Quest'ultima assunse una tale importanza da far ottenere (1773) il conferimento al conte di Bernezzo del titolo di Gran Maestro provinciale per il Piemonte, con la conseguente completa autonomia dalla Gran Loggia Madre di Chambery. 
Nel 1746 fu fondata una Loggia a Venezia, alla quale sono da ricollegare le figure di Giacomo Casanova, di Carlo Goldoni e di Francesco Griselini, e che rimase in attività fino al 1755, quando l'intervento degli Inquisitori di Stato portò all'arresto del Casanova e ne determinò la chiusura. Ma una nuova Loggia sorse nel 1772, con patente della G. L. d'Inghilterra, per iniziativa del segretario del Senato, Pietro Gratarol, e rimase attiva fino al 1777, mentre nasceva un'altra Loggia a Venezia, una a Vicenza ed un'altra a Padova. 
Nel 1756 fu fondata una Loggia a Milano, subito scoperta dalle autorità austriache:  
In Liguria tra il 1745 e il 1749 risultano una Loggia a Bordighera, una a Novi Ligure e almeno due a Genova, da collegare alla presenza delle truppe francesi in difesa della Repubblica. Verso la fine del secolo nacquero altre due Logge nel capoluogo: una (1780) aderente al Regime Scozzese Rettificato e un'altra (1782) che ottenne una patente dalla Gran Loggia d'Inghilterra con il titolo di Old British and Ligurian Lodge. 
La prima Loggia di Napoli, formata da alti ufficiali e nobili, fu fondata nel 1749, su iniziativa di un mercante di seta francese, che successivamente costituì un'altra Loggia di più modesta fisionomia sociale.  

La scomunica della massoneria (Storia della massoneria italiana -Milano, Bompiani, 1976, VIII ristampa della 3^ edizione, 2012 di Aldo A. Mola, autore della nota)
La Chiesa ebbe subito motivo di preoccuparsi per la diffusione della massoneria. La reazione del Papato fu immediata e coincise con l’assegnazione della Toscana alla Casa di Asburgo, più tollerante dei Borbone nei confronti di luterani, evangelici ed ebrei. La presenza di massoni inglesi, quindi anglicani o evangelici, allarmò il Papato, che si sentì minacciato. Il programma della massoneria non era affatto chiaro. Non si sapeva che cosa davvero avvenisse nelle logge, sospettate di essere centro di intese segrete tra forze nemiche o indifferenti al primato dei Papi.
Nel 1738 papa Clemente XII usò l’arma più forte: la scomunica dei massoni dalla chiesa. Nel 1739 il segretario di Stato, cardinale Ercole Firrao, aggiunse la condanna dei massoni a pene severissime, compresa la morte e la confisca dei beni. La Chiesa era sicura che gli altri sovrani d’Italia, tutti cattolici, avrebbero seguito l’esempio e avrebbero vietato e perseguitato i massoni. Invece le logge continuarono a diffondersi, sia pure con molta prudenza. In Italia i circoli massonici erano piccoli ma influenti. Lo si vide a Napoli, ove il massone più prestigioso fu Raimondo Sangro di san Severo, un principe molto ricco, colto, di spirito indipendente, fondatore della prima Gran loggia italiana.
Nel 1751, cioè tre anni dopo il trattato di Aquisgrana che aprì mezzo secolo di pace in Italia, papa Benedetto XIV, un pontefice di vasta cultura, in corrispondenza anche con Voltaire e altri esponenti dell’Illuminismo, confermò solennemente la scomunica.
La Chiesa rifiutò totalmente la massoneria. La considerò pericolosa sia per la stabilità politica sia per il primato teologico della Cattedra di Pietro. La scomunica della massoneria è stata e viene generalmente considerata una manifestazione di intolleranza da parte della Chiesa, di rifiuto del dialogo e di negazione della fratellanza. Il Papato, però, non aveva alcuna ragione di essere tollerante e di dialogare con quello che considerava un nemico pericoloso. La Chiesa si fondava sul primato dottrinale del successore di Pietro: una prerogativa che fu poi definita nel dogma dell’infallibilità dei pronunciamenti del pontefice “ex cathedra”, cioè in materia di fede. Dal suo punto di vista, la chiesa non poteva agire diversamente. Altrettanto facevano le autorità delle altre confessioni cristiane e, al loro interno, quelle della religione israelitica.
Perciò in Italia la massoneria si trovò a vivere in una condizione ambigua. A differenza di quanto accadde in altri Paesi europei, quali la Gran Bretagna, la Francia, i Paesi Bassi, gli Stati baltici e, naturalmente, le colonie inglesi della nuova Inghilterra, in Italia la massoneria non si dette mai una organizzazione ufficiale, alla luce del sole. I massoni furono costretti a nascondersi e quindi divennero sempre più sospetti. La necessità di mantenere il segreto per evitare persecuzioni, processi e condanne determinò gravi conseguenze. Il pensiero massonico non poté circolare liberamente, tramite libri, rituali, catechismi. Il risultato fu che esso rimase oscuro anche ai suoi adepti e mancò una unità della massoneria. Ogni Loggia interpretò la massoneria secondo l’insegnamento di chi la promuoveva e organizzava. 

Massoneria e illuminismo (Storia della massoneria italiana -Milano, Bompiani, 1976, VIII ristampa della 3^ edizione, 2012 di Aldo A. Mola, autore della nota)
I principali circoli culturali italiani della seconda metà del Settecento, da Milano a Firenze e Napoli contarono anche massoni, ma non è affatto provato che le logge fossero il laboratorio delle riforme e dell’illuminismo.
E’ il caso di Milano, ove i fondatori della rivista “Il Caffè”, non erano massoni. Non lo fu neppure Cesare Beccaria, il giurista italiano più famoso, che propose l’abolizione della tortura nel processo penale e della pena di morte. Anche a Napoli vi furono illuministi massoni ma molti tra i giuristi, medici, scienziati e uomini politici più innovatori non erano affatto massoni.
Negli ultimi anni del Settecento i massoni d’Italia erano molto diversi. In Piemonte vi erano aristocratici e militari molto conservatori e scienziati come Sebastiano Giraud di orientamento “democratico”. A Napoli vi erano massoni fedeli al modello inglese mentre altri ritenevano che la massoneria fosse una scuola politica. La figura più interessante dell’epoca fu Antonio Jerocades, un sacerdote calabrese, convinto che le logge dovessero svolgere una missione civile e politica. Jerocades ebbe dalla Madre loggia di Marsiglia speciali patenti per rinnovare la massoneria del Mezzogiorno d’Italia ed espose il suo pensiero in poesie pubblicate nel poema La Lira Focense (1783).
La sua opera indica lo spartiacque in Italia tra le due concezioni della massoneria: tra quella speculativa e quella operativa, tra la via iniziatica e la lotta per il potere, tra Politica e rivoluzione. Nel decennio di fine Settecento la massoneria in Italia attraversò una stagione di cambiamenti, di rigenerazione e anche di sbandamento. Le logge perdono il contatto con le centrali dalle quali erano nate e si inventano il proprio percorso. La Gran Bretagna guardava ai massoni illuministico-giacobini con sospetto perché temeva che fossero strumento della Francia. I pochi nuclei massonici italiani filoinglesi non vennero legittimati.
In Francia durante il Terrore e nei primi tempi del Direttorio massoni e massoneria vennero messi ai margini della vita culturale e politica. Molti vennero uccisi. Quasi tutte le logge vennero sciolte. La riorganizzazione avvenne all’insegna del lealismo nei confronti del governo. Le logge estere non ebbero scelta: allinearsi alle direttive di Parigi o scomparire.

L’età franco–napoleonica
In Italia a fine Settecento la massoneria cadde in sonno profondo per un breve spazio di tempo: era aristocratica (aristocrazia di nascita e di cultura, con apporti del mondo ecclesiastico), militare (incardinata sui principi dell’onore e della fedeltà), pronta sempre a invocare la protezione del sovrano sulle logge (o della sovrana nel caso di Maria Carolina d’Asburgo, regina di Napoli, sorella di Maria Antonietta di Francia, a sua volta molto legata a Maria Luisa di Carignano, principessa di Lamballe, massona, orrendamente assassinata dalla plebe parigina).
Da quel sonno la Massoneria si ridestò in Italia al seguito dell’invasione-occupazione da parte dell’Armata comandata da Napoleone Bonaparte (1796-1797). Questa non determinò l’immediata rinascita delle logge, ma creò le condizioni per la nuova cultura politica incardinata sulle costituzioni.
In pochi anni vennero elaborate le costituzioni delle repubbliche di Bologna (1796: la prima che adottò il Tricolore verde, rosso e bianco), Cispadana (1797), Cisalpina (1797 e 1798), e le costituzioni del popolo Ligure (1797), delle repubbliche di Lucca (1799), di quella Romana (1798) e della Napoletana (1799), sicuramente la più importante e innovativa di tutte, e della Repubblica Ligure (1802) oltre che di quella Italiana (1802).
I princìpi ispiratori erano la Rivoluzione americana del 1776, la costituzione degli Stati Uniti d’America, la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e le diverse costituzioni susseguitesi in Francia sino al colpo di Stato del 18 brumaio 1799, l’instaurazione del Consolato e l’avvio verso un regime monocratico e infine la proclamazione dell’Impero dei francesi (2 dicembre 1804) e la trasformazione della Repubblica Cisalpina o Italiana (1802) in regno d’Italia (Milano-Venezia, 1805).
Le logge di orientamento giacobino o sospettate di infiltrazioni repubblicane e antinapoleoniche, furono chiuse. Rinacquero solo dopo una epurazione interna, basata su espulsioni o conversioni.
Il caso più significativo furono le logge della Lombardia. Dopo l’incoronazione di Napoleone a Re d’Italia (26 maggio 1805) e l’insediamento di Eugenio di Beauharnais, suo figlio adottivo, come viceré, la loggia “Joseffina Reale” di Milano contò personalità diversissime (Gian Domenico Romagnosi, Pietro Calepio, Francesco Saverio Salfi…, tutto lo stato maggiore del regime napoleonico).
Negli anni seguenti la penisola italiana contò tre gruppi di logge: quelle direttamente dipendenti dal Grande Oriente di Francia, insediate nei territori direttamente annessi all’Impero (dall’Occidente liguro-piemontese all’ex stato pontificio, ove venne demolito il potere del papa, Pio VII, che fu deportato da Roma); quelle che fecero capo al Grande Oriente d’Italia, insediato a Milano il 20 giugno 1805 dal Supremo Consiglio di Rito scozzese antico e accettato per l’Italia creato a Parigi il 16 marzo; e le logge dipendenti dal Grande Oriente di Napoli, che ebbe per grandi maestri prima Giuseppe Bonaparte e poi il cognato di Napoleone, Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 al 1815.
Il regime franco-napoleonico non solo permise ma incoraggiò la moltiplicazione delle logge come anelli forti della catena di unione tra la Francia imperiale e la dirigenza dei territori direttamente o indirettamente dipendenti da Parigi.
Non è stato chiarito se l’imperatore fosse o no iniziato; lo erano però il principe Cambacérès, Arcicancelliere dell’Impero, e tutti i maggiorenti di un regime fondato sulla autocefalia del potere politico, emancipato dalla consacrazione ecclesiastica sin dall’incoronazione di Notre Dame del 2 dicembre e da quella di Milano, ove l’imperatore si autoincoronò.
Per conservare la libertà al proprio interno, le logge dovettero allinearsi alle direttive del governo e celebrarlo in tutti i propri riti ufficiali e nelle pubblicazioni. Questa dipendenza politica divenne ancora più evidente quando Napoleone conferì al figlio avuto da Maria Luisa d’Asburgo il titolo di Re di Roma: una decisione di grande valore simbolico, anche perché declassò la Città Eterna da capitale della chiesa cattolica a seconda città dell’Impero. Prima la Piramide, poi San Pietro. Napoleone fu il punto di arrivo del mito egizio esploso nel Settecento, presente nell’opera di Mozart.  
In quel contesto storico le logge italiane non ebbero affatto l’obiettivo dell’unificazione nazionale. Esse furono lealiste e funzionali al potere. 
La condizione della massoneria nello spazio geografico italiano nel primo quindicennio dell’Ottocento risulta interessante: le logge e i massoni furono presenti, anche in forma pubblica, in tutta la penisola, compresa Roma, senza che né il papa (Pio VII) né altri ecclesiastici cattolici ricordassero la loro scomunica. Non solo. Negli Stati franco-napoleonici italiani non ebbero alcuna circolazione le opere che denunciavano la Rivoluzione francese, il Terrore e l’Impero napoleonico come frutto di un complotto massonico. Le più famose, i Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme di Augustin Barruel o Il velo alzato per’ curiosi dell’abate François Lefranc non vennero più ristampate. La massoneria rimase al di sopra delle critiche e delle polemiche. Nessuno la mise in discussione come pilastro portante dell’Ordine politico, conciliato con la Chiesa con il Concordato del 1801.

Dal Grande Oriente alla scissione di Piazza del Gesù
Dopo la restaurazione (1815-1815) il contesto cambiò rapidamente, perchè si guardava con sospetto alla Massoneria lealista. Una serie di iniziative, assunte quasi contemporaneamente dai governanti dei vari Stati italiani, inaugurò un nuovo periodo di repressioni del fenomeno Massonico. 
Nel Regno di Sardegna, il 10 giugno 1814 Vittorio Emanuele I emanò un editto con il quale ribadì "la proibizione delle congreghe ed adunanze segrete, qualunque ne sia la denominazione loro, e massime quelle de' così detti Liberi Muratori già proibita col Regio Edito del 20 maggio 1794". Analogo decreto del 26 agosto 1814 emanato nel Lombardo Veneto vietò "gli ordini segreti, le adunanze, corporazioni e fratellanze segrete, come sarebbero le Logge de' così detti Franchi Muratori ed altre consimili società", mentre papa Pio VII (15 agosto 1814) emanava un editto che, rifacendosi alle encicliche di Clemente XII e di Benedetto XIV, proibiva le "aggregazioni delli suddetti Liberi Muratori, e altre consimili", e a Napoli Ferdinando IV di Borbone (8 agosto 1816) vietava "le associazioni segrete che costituiscono qualsivoglia specie di setta, qualunque sia la loro denominazione l'oggetto ed il numero dei loro componenti". 
La Massoneria Italiana del Grande Oriente d'Italia rivendica con fierezza di aver esercitato un ruolo di protagonista nel risorgimento, ma invero a torto: non solo sarebbe stato incompatibile con gli Antichi Doveri che impongono di non occuparsi di politica e religione e di essere fedeli sudditi, ma è falso e non esistono documenti a sostegno. 
Però è vero che i suoi ideali di  indipendenza, unità, ordine, fratellanza tra i “popoli di Italia” e tra gli italiani e le altre nazioni, e la partecipazione personale di molti massoni ai moti risorgimentali, lo hanno alimentato.
Così come è vero che nel periodo della repressione, i Massoni italiani resistettero e gradualmente andarono sempre più a rafforzare ed organizzare la propria attività, fino a riemergere in modo significativo nella seconda metà dell'Ottocento. 
L'8 ottobre 1859, a Torino, sette "fratelli" costituirono una nuova Loggia, chiamata "Ausonia" dall'antico nome poetico dell'Italia: da questo seme il 20 dicembre 1859, sempre a Torino, nacque un'organizzazione che esplicitamente aspirava a diventare una Gran Loggia nazionale ed assunse la denominazione di Grande Oriente Italiano. 
Tale intento si concretizzò con la prima assemblea costituente del Grande Oriente Italiano, che si tenne a Torino dal 26 dicembre 1861 al 1° gennaio 1862 sotto la presidenza di Felice Govean, facente funzioni di gran maestro, e con la presenza dei rappresentanti di ventotto Logge: Giuseppe Garibaldi fu salutato come "primo libero muratore italiano". 
Ad assumerne la carica di gran maestro, il 1° marzo 1862, venne poi chiamato Filippo Cordova, eminente figura di giurista e di statista; la III assemblea costituente, convocata a Firenze dal 21 al 24 maggio 1864, elesse gran maestro Giuseppe Garibaldi, cui succedettero - nuovamente - Filippo Cordova e poi Lodovico Frapolli e Giuseppe Mazzini, durante il cui governo, nel 1870, la Gran Loggia spostò la propria sede da Firenze a Roma. 
Nel 1864 le varie Comunioni Massoniche, denominate Grandi Logge o Grandi Orienti, fioriti, all'epoca, sul suolo italiano, segnatamente il Grande Oriente di Napoli, il Grande Oriente di Torino e il Grande Oriente di Palermo, in una riunione costituente, tenutasi a Firenze, tra il 21 e il 24 maggio, in previsione del trasferimento della Capitale in quella città, si fondono in un unico Grande Oriente d'Italia, a capo del quale viene eletto Giuseppe Garibaldi. 
Ma non tutti concordano sull'unificazione delle sedi a Firenze: i vertici di Torino, quelli di Palermo e di Napoli sono contrari al trasferimento. Comunque, il 15 ottobre 1865, dopo il trasferimento della Capitale a Firenze, anche il Grande Oriente Italiano vi si trasferisce e da quel momento entrerà in uso definitivamente ed esclusivamente la nomenclatura “Grande Oriente d’Italia”. Nel 1870 il Grande Oriente d’Italia, dopo gli eventi di Porta Pia, si trasferisce a Roma. 
Nel 1884 fu pubblicata l'enciclica Humanum Genus di papa Leone XIII, che segnò probabilmente il momento più alto di scontro tra la Chiesa cattolica e la Massoneria: il documento pontificio, oltre ad addebitare alla Massoneria "atroci vendette… su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto e disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia", sosteneva che l'obiettivo dei Massoni era quello di "distruggere da cima a fondo tutta la disciplina religiosa e sociale che è nata dalle istituzioni cristiane, e sostituirla con una nuova, modellata sulle loro idee, e i cui principi fondamentali e le leggi sono attinte dal naturalismo". 
In quel clima, veniva eletto gran maestro (17 gennaio 1885) Adriano Lemmi, il quale si impegnò particolarmente nel chiamare a raccolta figure rappresentative del mondo politico e culturale, tra cui Giovanni Bovio, Giosuè Carducci, Agostino Bertani, Giuseppe Zanardelli. 
Il 6 giugno 1889 in Campo dei Fiori a Roma avveniva l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, opera dello scultore e futuro gran Maestro Ettore Ferrari: l'oratore ufficiale fu il filosofo Giovanni Bovio; nel 1895 divenne gran Maestro Ernesto Nathan, poi sindaco di Roma. 
Il 24 giugno 1908 si determina una scissione che colpisce il Grande Oriente d’Italia. Da questa scissione nascerà un nuovo filone Massonico che sarà denominato “Piazza del Gesù”. Nel febbraio 1911, dopo una lunga trattativa, il Grande Oriente d’Italia acquista il famoso Palazzo Giustiniani presso cui istituisce la sua sede e per cui da allora verrà detto, appunto, “di Palazzo Giustiniani”. 

La repressione fascista
Il 19 maggio 1925 la Camera dei Deputati approvò il progetto di legge sulla disciplina delle associazioni, presentato da Mussolini e mirante soprattutto allo scioglimento della Massoneria. Il fascismo combatté la massoneria per tre motivi fondamentali: in primo esso luogo voleva essere “la Nazione” e quindi non poteva avere un “concorrente” come la Massoneria che dichiarava di essere Madre e Custode della Patria. In una guerra di Simboli non ci possono essere due vincitori. In secondo luogo Mussolini sapeva che una parte dei gerarchi fascisti (Italo Balbo, Roberto Farinacci, Giacomo Acerbo, Alessandro Dudan…) e molti militari (Luigi Capello, l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel, Ugo Cavallero…) erano massoni e non voleva avere “il serpe in seno”. Infine, per avere l’aiuto della Chiesa cattolica, essenziale per la stabilità del governo, doveva “dare un esempio”: proibire la massoneria.
Nel 1925 Grande Oriente e Gran Loggia si sciolsero ma molti massoni continuarono a operare nel silenzio e nell’esilio, ove furono aiutati da fratelli degli Stati Uniti d’America, come Arturo Di Pietro, Charles Fama e Frank Gigliotti , tutti protestanti.
Già prima del suo scioglimento il Grande Oriente d'Italia era in rapporti di amicizia con la Gran Loggia di Francia e a Parigi era stata fondata (1913) da italiani la Loggia Italia n. 450; il 28 maggio 1930 gli esuli fondarono una nuova Loggia, l'Italia Nuova n. 609, dalla quale provenne un notevole contributo alla causa repubblicana nella guerra civile spagnola, cui parteciparono nove membri della Loggia, tra i quali Randolfo Pacciardi e Francesco Fausto Nitti. 
Il 12 gennaio 1930 Eugenio Chiesa fu eletto gran maestro aggiunto del Grande Oriente d'Italia in esilio, nel quale si riconobbero le Logge italiane costituite all'estero (Egitto, Tunisia, Argentina, ecc.) e già all'obbedienza di Palazzo Giustiniani. 

Dopo la Liberazione
Il 10 luglio 1944 il "Comitato della Grande Maestranza", formato da Umberto Cipollone, Guido Laj e Gaetano Varcasia, emanò la circolare n° 1 ai "Carissimi Fratelli Venerabili, Fratelli tutti d'Italia": il Comitato si considerava erede diretto di Domizio Torrigiani ed Ettore Ferrari e alla vigilia del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 il Grande Oriente così si espresse: "Noi non possiamo né vogliamo fare altro che ricordare ai Fratelli la necessità di tener fede ai principi che avemmo in retaggio da Mazzini, senza nulla imporre: nel tempio del libero pensiero non sono ammesse coercizioni. Giudichino i fratelli, riandando la storia d'Italia, particolarmente quella degli ultimi venti anni, quale delle forme istituzionali sia meglio adatta a conservare in piedi precisamente quel tempio della Libera Massoneria di cui noi siamo gli operai e da tale esame traggano ispirazione". 
Dalle ceneri del fascismo la Massoneria italiana, peraltro, risorse sia sotto i vessilli del Grande Oriente di Palazzo Giustiniani sia nella versione di Piazza del Gesù, ad iniziativa di Raoul Palermi. 
Il 19 marzo 1949 il grande Oriente d'Italia approvò il testo di una Costituzione dell'Ordine: cardine del nuovo ordinamento era la netta separazione dei Riti dall'Ordine, secondo la riforma già impostata nel 1922 da Torrigiani ma non condotta in porto per gli eventi che si succedettero. In conseguenza di ciò, non vi sarebbero più state Logge dell'uno o dell'altro rito, ma ognuna avrebbe lavorato solo secondo i rituali tre gradi universali di apprendista, compagno e maestro: solamente raggiunta quest'ultima dignità i Fratelli, volendo, avrebbero potuto accedere ai Riti quali scuole di perfezionamento. 
La Costituzione, che recepisce i "landmarks" e con ciò collega fortemente il Grande Oriente alla tradizione universale Massonica, fu depositata dinanzi all'autorità civile. 
Il 13 settembre 1972 "l'aspirazione del popolo Massonico italiano alla universalità" (Lino Salvini) fu realizzata con il riconoscimento della regolarità del Grande Oriente d'Italia da parte della Gran Loggia Unita d'Inghilterra: fu proprio il Gran Maestro Salvini ad annunciare lo storico evento ai suoi Fratelli. 
Sulla scia di tale avvenimento si rinnovarono da più parti i tentativi di fusione con la Gran Loggia di Piazza del Gesù, ma invano: l'ostacolo principale fu rappresentato dal fatto che quest'ultima - fin dal 1956 - avesse accettato il principio dell'iniziazione femminile, dando vita e riconoscendo Logge costituite da donne. 
In realtà il 18 settembre 1973 avvenne una "fusione" tra il Grande Oriente e circa 200 Logge già appartenenti a Piazza del Gesù, ma Giovanni Ghinazzi, generale della Gran Loggia d'Italia, la sconfessò, proseguendo per la sua strada. 

Oltre la P2
A causa del cosiddetto “scandalo P2”, nell'immaginario collettivo si è insinuata la semplicistica equazione Massoneria = organizzazione malavitosa, andando ben al di là delle conclusioni oggettive cui giunse la magistratura e la stessa Commissione parlamentare d'indagine. Quest'ultima, nelle sue conclusioni, aveva, tra l'altro, accertato che: "non si può non riconoscere come Licio Gelli appaia, sotto ogni punto di vista, un Massone del tutto atipico: egli non si presenta cioè come il naturale ed emblematico esponente di una organizzazione la cui causa ha sposato con convinta adesione, informando le sue azioni, sia pur distorte e censurabili, al fine ultimo della maggior gloria della famiglia; Licio Gelli, in altri termini, non sembra sotto nessun profilo, nella sua contrastata vita Massonica, un nuovo Adriano Lemmi, quanto piuttosto un corpo estraneo alla comunione, come iniettato dall'esterno, che con essa stabilisce un rapporto di continua, sorvegliata strumentalizzazione .... possiamo quindi affermare che tutti gli elementi a nostra disposizione inducono a ritenere come la presenza di Gelli nella comunione di Palazzo Giustiniani appaia come quella di elemento in essa inserito secondo una precisa strategia di infiltrazione, che sembra aver sollevato nel suo momento iniziale non poche perplessità e resistenze nell'organismo ricevente, e che esse vennero superate probabilmente solo grazie all'interessamento dei vertici dell'istituzione i quali, questo è certo, da quel momento in poi appaiono in intrinseco e non usuale rapporto di solidarietà con il nuovo adepto". 
Sta di fatto che il 31 ottobre 1981, sette mesi dopo il rinvenimento delle famose liste P2 e dello scandalo seguente, la corte centrale del Grande Oriente d'Italia presieduta dal nuovo Gran Maestro Armando Corona, espulse Gelli dal consesso Massonico; peraltro la "Loggia di Propaganda 2" aveva sospeso ufficialmente la propria attività all'interno dello stesso GOI già nel 1976 e da allora non agiva più all'interno del consesso Massonico ufficiale. 
Il 18 novembre 1984 fu promulgata la nuova Costituzione dell'Ordine: in essa si afferma che "il Grande Oriente d'Italia (rappresentante la sola fonte legittima di autorità Massonica nel territorio italiano e nei confronti delle Comunioni Massoniche estere) nei rapporti giuridici con la società civile si colloca tra le associazioni non riconosciute", e vengono introdotte importanti novità in ordine alla "trasparenza interna" dell'Organizzazione. 
Al tempo stesso fu dato speciale impulso a convegni di studi e ad iniziative di diffusione della cultura Massonica, fondando altresì un Centro per la storia della Massoneria, aperto a Massoni e non Massoni. 
Tale profonda opera di rinnovamento e rilancio culminò nell'iniziativa assunta congiuntamente dal Grande Oriente e dalla Gran Loggia il 9 dicembre 1991, quando si allestì a Torino il più importante concerto di musiche Massoniche mozartiane realizzato in Italia nel bicentenario della morte del musicista: tale iniziativa ricevette ufficialmente il plauso e l'apprezzamento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.

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